L'Isfol fotografa l'Italia del XXI° secolo: il lavoro delle donne vale sempre meno di quello dell'uomo



Una posizione subalterna, mansioni poco qualificate e bassi redditi. E’ questa la fotografia scattata dall’Isfol che ritrae la donna nell’Italia della prima decade del XXI° secolo. Prima della crisi economica, l’occupazionale femminile, seppur in crescita, si caratterizzava per scarsa qualità. Ampia infatti la differenza retributiva di genere, eccessivo il prevalere del part-time e dei contratti atipici, bassa l’occupabilità delle madri con figli a carico, specie se piccoli. Il Rapporto - pubblicato sull’ultimo numero di Documentando (n.7) – racconta che fino al 2008 le donne hanno contribuito al miglioramento del tasso di occupazione, con un incremento in 15 anni di sette milioni di unità. Ma il dato, ancorchè disomogeneo sul territorio nazionale – vedi gli enormi squilibri tra Nord e Sud del Paese – mostra le debolezze strutturali di cui sopra come il rischio di inattività, la discontinuità dei rapporti di lavoro e il divario di stipendio o salario. Nel 2009 il 68,6% della popolazione attiva maschile aveva un lavoro contro il 46,4% di quella femminile (percentuale che si accentua in Abruzzo e nelle regioni del Sud). Eppure nella fascia “giovani” – tra i 15 e i 24 anni - la distanza è più marcata. Lo testimoniano un tasso di disoccupazione superiore di tre punti percentuali a quello maschile, un tasso di inattività divenuto oceanico (61,7% contro 40%), una diffusione che va oltre il Mezzogiorno fino ad arrivare in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Umbria e Marche. Altro elemento cruciale è rappresentato dalla fuoriuscita dal mercato di tutte quelle categorie di persone a rischio di esclusione sociale, in primis le donne. Ragion per cui sarebbe essenziale ricorrere a strumenti compensativi come il potenziamento dei servizi all’infanzia. Il problema è che le Regioni hanno adottato misure di contrasto alla crisi, quindi generaliste, più che azioni specifiche per superare le differenze di genere. La maggior parte delle misure specifiche riguardano la promozione dell'autoimprenditorialità e la conciliazione vita-lavoro, su cui si evidenziano approcci differenti: dalla pianificazione concertata della Lombardia ai buoni lavoro di Piemonte, Puglia e Sicilia, agli investimenti nelle politiche sociali del Veneto e dell’Emilia-Romagna.


Notizia del 20/07/2011

Fonte: http://italia-lavoro-news.mag-news.it

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